L’Associazione per l’informazione"Il paese delle donne" aderisce alla manifestazione per riaffermare la libertà di informazione. Da quasi 25 anni ci sforziamo di mettere in pratica la lettera e lo spirito dell’art. 21 della Costituzione, che recita “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Eravamo e siamo sempre più convinte che il diritto all’informazione, per essere realmente tale, non può limitarsi ad una passiva fruizione delle notizie diffuse dai giornali e dalla rete, ma deve partire dal diritto di tutte e tutti coloro che agiscono nel mondo di far sentire la propria voce protagonista.
Aderiamo alla manifestazione, ma non per questo vogliamo tacere sul fatto che le testate mainstream, non escluse Repubblica e l’Unità, sono le prime responsabili della censura delle parole e delle pratiche delle donne, salvo poi, nelle pause estive, lamentarsi del nostro presunto silenzio.
Aderiamo alla manifestazione perché i bavagli non ci sono mai piaciuti, ma non per questo ci limiteremo ad una generica partecipazione. Porteremo in piazza la nostra ribellione contro l’immagine femminile diffusa da giornali, siti e televisioni, e contro la mercificazione dei nostri corpi usati per vendere merci che non ci rappresentano e che non ci servono.
Chiediamo ai professionisti e alle professioniste dell’informazione l’impegno a rispettare le donne, che siano vittime di violenza, escort, migranti, lavoratrici, precarie, disoccupate o politiche, senza ricorrere ai luoghi comuni che ci offendono e che, di fatto, ci oscurano.
Chiediamo soprattutto di riconoscere i media delle donne come fonti qualificate prima di parlare di noi e del nostro presunto silenzio.
Le nostre voci risuoneranno comunque sulla rete e ovunque ci sarà possibile farle arrivare, malgrado la censura di quanti si ricordano dell’attacco all’informazione solo quando il bavaglio viene messo loro.
Associazione per l’informazione Il Paese delle donne
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