(da Tiscali Politica)
di Ignazio Dessì
Il ddl Alfano sulle intercettazioni telefoniche, quello che minaccia di imporre un pesante bavaglio ai mezzi di informazione, ha messo sul piede di guerra i giornalisti e le loro organizzazioni, gli editori, i magistrati e le forze dell’ordine. Per il presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi) Roberto Natale si tratta di “difendere il diritto dei cittadini ad essere informati”, impedendo che si sacrifichino ad interessi particolari di qualcuno prerogative costituzionali poste a garanzia della democrazia.Presidente - per iniziare - lo slittamento a settembre del voto della Camera sul ddl di cui si parla cosa significa? C’entrano in qualche modo le prese di posizione, nella stessa maggioranza, di Fini, che ha posto l'esigenza di "non correre", e Bossi, che ha aperto alla possibilità di modifiche?
“Sono elementi che hanno sicuramente influito e che speriamo spostino a settembre il voto, ma credo abbia pesato soprattutto il lavoro fatto dalla categoria giornalistica e dall’opinione pubblica”.L’Osce (Organizzazione Sicurezza e Cooperazione in Europa) ha ricordato all’Italia che non è legittimo negare la libertà dei media. Che poi è quanto afferma la Corte di Strasburgo per i diritti dell’uomo quando dice: “E’ (sempre) prevalente il diritto del pubblico a essere informato sui procedimenti giudiziari”.
“Esatto. Quella della Osce è una presa di posizione che avvalora la nostra analisi, e quella delle persone più avvedute del nostro Paese che evidenziano come la legge violi assolutamente alcuni diritti fondamentali. Non solo impedisce l’attività giornalistica ma anche il diritto dell’opinione pubblica di essere correttamente e completamente informata. Se si impedisce alle persone di prendere coscienza di determinati fatti di importanza fondamentale, è chiaro che la democrazia denota un grosso vulnus”.Voi parlate di un pesante bavaglio che si vorrebbe mettere ai media, di provvedimento pericoloso per le stesse libertà fondamentali dei cittadini.
“Certo, è un elemento molto forte. Si vorrebbe che su tutte le questioni di carattere giudiziario si mettesse la mordacchia. Non ci sforzeremo mai abbastanza di ricordare che, se ci fosse stato questo ddl, su alcune vicende, come quelle della clinica Santa Rita di Milano o della Parmalat, i cittadini non avrebbero saputo nulla. Con grave nocumento, non solo per il diritto di chi deve fare informazione, ma anche per quello sacrosanto dell’opinione pubblica di sapere. Nei casi citati, da una parte, magari, i cittadini sarebbero andati ancora a farsi mettere dei chiodi usati nelle ossa e, dall’altra, i risparmiatori avrebbero continuato a comprare azioni pericolose. Non avrebbero saputo nulla di quanto stava accadendo se non dopo due o tre anni”.Il governo, però, a fronte di queste obiezioni, tira fuori la questione della privacy, dicendo che è ora di smetterla di spiare tutti i cittadini e rendere pubbliche vicende essenzialmente private.
“Si tratta di un falso problema. Che in alcuni casi si sia violata la privacy è vero, e chi ha sbagliato dovrebbe pagare, testate e giornalisti compresi. A ben vedere, però, i casi di questo tipo si raggruppano nelle dita di una mano. Stiamo parlando di vicende come quelle di Anna Falchi o della massaggiatrice del Salaria Sporting Village di Roma. Ma, ammesso ciò, non si possono mettere sullo stesso piano errori marchiani, che già con l’attuale legislazione potrebbero essere sanzionati, con l’esigenza generale. Per coprire un problema non si deve mettere in moto un meccanismo gigantesco e dispendioso con gravi conseguenze per la democrazia. Non si può tagliare il burro con la sega elettrica”.Il premier Berlusconi ha dichiarato che “siamo tutti spiati” e così “non c’è democrazia”. Ma i dati forniti dai magistrati e dalle società che fanno intercettazioni sembrano lontani da quelli sfoderati dal Cavaliere durante l'assemblea della Confcommercio a Roma. Ovvero 7 milioni e mezzo di persone intercettate (dato ottenuto moltiplicando per 50 i presunti 150mila telefoni sotto controllo) quando gli addetti ai lavori parlano di 25 mila.
“Ci siamo un po’ abituati. Nel senso che lui ama dire queste cose quando si trova in consessi che possono applaudirlo. Questo è il problema, ma a dire il vero è un problema anche per chi lo ascolta. A noi comunque non interessa, a noi interessa il fatto che ciò che dice, in molti casi, non è vero. E’ che vorrebbe piegare tutto ai suoi interessi personali. Insomma, il conflitto di interessi è un problema vero, mentre tutto quello che sta venendo fuori in questo periodo su altri fronti è estremamente inquietante, e inquieta anche l’attuale esecutivo, che, in qualche modo, si vede coinvolto. Tuttavia non ci possiamo fare nulla. Non è che siamo stati noi a regalare case, o a dare soldi a qualcuno. Ci dispiace, ma il premier deve guardare nel suo entourage, cercando di individuare chi ha fatto e chi non ha fatto qualcosa. Non si possono coprire alcuni misfatti creando la condizione per non avere informazione e ledendo un diritto costituzionale".Un tentativo che voi definite pericoloso per la democrazia.
“E’ un tentativo pericolosissimo, fuori luogo, contro cui daremo battaglia fortissima. Per questo stiamo organizzando per il 1 luglio una manifestazione a Roma, ma anche in altri centri del nostro Paese. Per protestare, per mettere in condizione la politica, compresi Fini e lo stesso Berlusconi (che magari potrebbe diventare più malleabile su questa questione), di scongiurare una simile lesione del diritto fondamentale all’informazione. Ma, forse, Berlusconi comincia a pensare già che è una partita perdente, che lo vede in difficoltà”.Del resto si è messo in rilievo che la criminalità brinda, pensando ai limiti che ci si appresta a porre alle intercettazioni e all'informazione: ma, secondo lei, c’è una parte degli italiani che, con la testa condizionata da certi messaggi televisivi, ancora non si rende conto di questo pericolo?
“Senz’altro è così. Per questo siamo ancor più convinti che il ddl è pericoloso. C’è una concomitanza di interessi che portano a ledere diritti di rango costituzionale come quello dei giornalisti di diffondere le notizie e dei cittadini di conoscerle. Ma ci sono anche magistrati e poliziotti, da noi incontrati in varie assemblee, che esprimono un profondo disagio. E di questo il governo deve tener conto. A meno che non si voglia sostenere che anche i poliziotti siano diventati pericolosi comunisti, come ama far credere il presidente del Consiglio. La verità è che il disegno di legge crea forti preoccupazioni anche in questi strati della società. Non solo viola il diritto d’informazione ma, limitandone gli strumenti, mina anche l’efficienza delle forze dell’ordine nel colpire la grande e piccola criminalità. E se un governo, che fa in campagna elettorale della sicurezza un punto fondamentale, si ritrova contro magistrati, polizia e funzionari, qualcosa non quadra”.C’è chi dice che focalizzare troppa attenzione sul ddl intercettazioni crea una cortina fumogena comoda per coprire il passaggio di altri provvedimenti pesanti per i cittadini come quelli contenuti nella manovra finanziaria. Cosa ne pensa?
“Forse non è il caso di abbandonarsi sempre alla dietrologia: affrontiamo le cose per quello che sono. La manovra è una cosa, il ddl intercettazioni risponde probabilmente ad altre esigenze dell’esecutivo. Basti pensare che, se dovessero andare avanti tutte le indagini giudiziarie, e venissero ovviamente fuori altri fatti, ci sarebbe il pericolo per il governo di essere travolto”.Un’ultima cosa. Molti, nella maggioranza, fanno presente che questo decreto somiglia molto a quello Mastella del governo Prodi. Che ne dice?
“Ricordo soltanto che, contro Mastella, abbiamo fatto uno sciopero. Noi non seguiamo le indicazioni di un centrosinistra contro un centrodestra. Ognuno di noi pensa quello che vuole, da un punto di vista politico. Ma, come organizzazione, abbiamo preso posizione, anche allora, contro quel disegno di legge. Nessuno può dire che ce l’abbiamo contro il governo Berlusconi: noi ce l’abbiamo contro le cose che mettono a rischio la libertà di informazione”.Appuntamento a luglio, allora?
“Sì, appuntamento al 1 luglio, quando scenderemo in piazza contro tagli e bavagli, e al 9 luglio, quando sciopereranno tutti i mezzi d’informazione”.
17 giugno 2010
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