venerdì 25 giugno 2010

Siddi: «Un Giurì per la lealtà dell’informazione»

Il segretario della Federazione nazionale della stampa: la privacy va tutelata, come il diritto di cronaca
■ «Ci hanno accusato di essere al servizio dell’opposizione, di Di Pietro e del "popolo viola" perché siamo contrari al
disegno di legge sulle intercettazioni. Nossignore, noi difendiamo i princìpi e voglio ricordare che il 30 giugno 2007 andammo in piazza contro il disegno di legge Mastella che aveva contenuti simili. Abbiamo scioperato contro un governo di centrosinistra e ora siamo pronti a farlo, il 9 luglio, con questo di centrodestra».
È un fiume in piena Franco Siddi (l’altro giorno a Bergamo) segretario nazionale della Federazione nazionale della stampa (Fnsi), il sindacato dei giornalisti.
Il presidente della Repubblica ha esortato a far presto con la manovra e a non farsi distrarre da altre materie: evidente il riferimento alle intercettazioni...
«La riflessione sta convincendo gli uomini delle istituzioni, più attenti, a valutare la possibilità di un nuovo approfondimento».
Il disegno di legge è sul tappeto da due anni e qualche correttivo è stato apportato.
«Sì, ma non si è raggiunto l’equilibrio tra privacy, giustizia e informazione. Anzi, ci sono spinte perché venga approvato un provvedimento che affermi supremazie tra le quali al primo posto non pare ci siano né l’esigenza di tutelare la privacy, né quella di garantire la sicurezza dei cittadini, e nemmeno quella di consentire loro di conoscere i fatti per poterli valutare».
È un testo emendabile o sarà muro contro muro?
«Il muro contro muro riguarda i partiti, non noi, comunque il testo si può cambiare. L’ideale sarebbe stralciare ciò che non ha a che vedere con il corso della giustizia e affrontare le questioni in materia di informazione e di privacy su un altro livello. Ma va bene anche un emendamento della parte che impedisce di fare cronaca fino all’udienza preliminare».
Che proposta fate?
«Introdurre l’"udienza filtro" nella quale, quando gli atti arrivano a conoscenza dell’indagato e diventano pubblici, sentite le parti, si può subito decidere di stralciare quelli non direttamente inerenti alle persone coinvolte nel processo e soprattutto i contenuti che possono incidere sulla dignità di persone estranee che vanno salvaguardate».
Con che conseguenze?
«Trasparenza, utilità per la giustizia, chiarezza dell’informazione e responsabilità per i giornalisti. Il cronista che dovesse pubblicare atti stralciati per ragioni di tutela della dignità delle persone se ne dovrebbe assume la responsabilità».
In quale sede?
«Andrebbe istituito il "Giurì per la lealtà dell’informazione" per esaminare i casi di violata privacy. Chi dovesse ritenersi danneggiato potrebbe ricorrere a questo organismo indipendente che nel giro di tre giorni-cinque dovrà pronunciarsi».
E se la privacy risulta violata?
«Il Giurì ordina la pubblicazione sul giornale di un provvedimento che mette in dubbio la credibilità del giornalista e del giornale che ha riportato la notizia».
Ma non esiste già il Garante?
«Evidentemente c’è qualcosa che non funziona nei tempi. In attesa che si faccia l’istruttoria, il Giurì può subito decidere e stabilire se c’è stata o no violazione della privacy».
Una proposta che spariglia le carte.
«Il problema non si risolve introducendo le multe per gli editori e il carcere, anzi: si rischia la censura preventiva. L’editore entrerebbe in redazione per controllare i contenuti, diventando così il proprietario delle notizie».
Il giro di vite del governo, però, non è frutto di un colpo di sole.
«All’origine di una stretta c’è quasi sempre qualche eccesso che ha colpito la sensibilità di tanti cittadini o, in questo caso, del potere. Paghiamo degli eccessi e, per qualche abuso che c’è stato, adesso rischiamo la mordacchia a tutta l’informazione».
Il giornalista pubblica, ma c’è pure chi la notizia gliela passa…
«C’è un secondo aspetto e riguarda la giustizia: è possibile che il segreto giudiziale in Italia debba durare anni? Ci vuole un limite temporale. Noi abbiamo una cultura di vincoli e di divieti che non solo non risolvono nulla, ma finiscono per alimentare il mercato dei dossier illeciti. E ricordiamolo bene: gli atti giudiziari non camminano da soli, così succede che c’è qualche manina interessata a farli camminare e quando il giornalista ha in mano una notizia la pubblica».
Nonostante l’alta posta in gioco il sindacato non ha alzato subito le barricate.
«Ritengo che lo sciopero sia un mezzo e non un fine. Un anno fa ne avevamo promosso uno per il 14 luglio e abbiamo ottenuto l’intervento del capo dello Stato, così si è ritenuto giusto sospenderlo. Con questo atteggiamento abbiamo mostrato senso di responsabilità verso le istituzioni. Abbiamo incontrato il presidente del Senato e ora saremo sentiti alla Camera, dove presenteremo le nostre proposte».
Mino Carrara

1 commento:

Anonimo ha detto...

C'è qualcosa del genere a Napoli? Non posso venire a Roma!